Chris Paul, tragedia e gloria dell’ultimo grande playmaker NBA
Nel giorno del suo compleanno, l’emozionante genesi di un giocatore unico, il cui destino parla di Hall Of Fame
Denver – Phoenix, Gara 2 delle Eastern Conference Semifinals, cinque minuti rimasti nel terzo quarto: Brown sbaglia il tiro per i Nuggets, sotto canestro ci sono Caldwell-Pope e per i Suns, Chris Paul. Il suo tagliafuori è preciso, ma il giocatore di Denver spinge, causando al playmaker della squadra dell’Arizona una fitta pesantissima all’inguine.
Ancora una volta, nei playoff, CP3 ha subito un infortunio. Fuori per Gara 3, da rivalutare tra una settimana, dicono gli specialisti. Un’altra possibilità per vincere il titolo, che sembra scivolare via. Nonostante Kevin Durant, nonostante la solidità della franchigia.
Spesso, la post-season di Paul è stata rovinata da infortuni: il tendine del ginocchio nel 2015, uno stiramento nel 2018, una frattura alla mano nel 2016, alla spalla nel 2021, dove però i Suns riuscirono a giungere alle NBA Finals.
A Monty Williams, allenatore dei Suns, dopo l’infortunio del 2021 venne chiesta un opinione sui “crudeli infortuni”, per tempistica sfortunata, subiti da CP3, alla quale rispose:
Probabilmente non sono la persona adatta per parlare di cose crudeli. So cos’è la crudeltà vera, anche Chris lo sa. Questo è solo basket. So quanto Chris sia determinato a vincere, ma alla fine, veniamo pagati per fare quello che facciamo.. quello che conta davvero è che hai una splendida moglie e dei figli. Una famiglia. La sua carriera è indipendentemente da Hall of Fame
Monty Williams
Williams perse sua moglie per un terribile incidente stradale nel 2016. La sua allusione alla reale crudeltà, è da brividi, soprattutto associando la sua straziante storia, a quella che ha cambiato un giovane Chris Paul, per sempre.
Crescendo, Chris passava le estati a lavorare alla stazione di servizio di suo nonno, insieme al fratello. È lì che il nonno gli ha dato affettuosamente il soprannome CP3. Il nome deriva dal fatto che Chris, suo padre e suo fratello condividono le stesse iniziali. Fu durante quelle calde estati a Winston-Salem, che Chris imparò dal nonno diverse lezioni da tenersi per la vita.
Paul, nonostante un’altezza nella norma e un atletismo sotto la media, iniziò a vedere nel basket, la sua vita, interpretando le partita da generale del campo, giocando dal basso verso l’alto e sviluppando qualità di playmaking e QI cestistico impressionanti. Ha frequentato la West Forsyth High School, dove è stato nominato McDonald’s All-American, e Mr. Basketball del North Carolina, consolidando il suo status di stella in ascesa.
Nathaniel, ogni volta che Chris era impegnato in una partita, chiudeva in anticipo la stazione di servizio, per andare a vederlo e a supportarlo. “PaPa Chilly” così soprannominato, era il migliore amico di CP3, e il suo più grande sostenitore. Lo stile di gioco da cestista consumato di Paul, il suo lavoro eccellente da playmaker, nonostante la giovane età, attirò l’attenzione dei college di Division I NCAA.
Il 14 novembre 2002, CP3 accettò una borsa di studio per giocare in Prima Divisione NCAA alla Wake Forest University: la sua scuola di casa, il suo sogno, che divenne realtà. La prima persona a indossare il cappellino dei Demon Deacons, oltre a Chris, fu nonno Nathaniel, il quale era così felice di vedere il nipote raggiungere un obiettivo quasi utopico.
Ma la felicità di Chris, della famiglia e di tutta la comunità, sarebbe stata di breve durata.
15 novembre 2002, cinque giovani ragazzi, tra i 14 e i 15 anni e provenienti dalla stessa città di Chris Paul, aggrediscono Nathaniel Jones, appena fuori casa sua. Lo legano, lo imbavagliano, lo malmenano. L’intenzione era quella di rubargli il portafoglio. Il cuore di PaPa Chilly non riuscì a sopportare un assalto così brutale, e morì davanti casa sua, inerme.
La notizia distrusse il giovane Chris, emotivamente, umanamente, mentalmente. Passò dei giorni terrificanti, da solo con i suoi pensieri e lo strazio che gli pervadeva l’anima. Chissà quante volte si sarà chiesto “perché?”, quante volte avrà versato lacrime. L’amore di un nonno verso un nipote, di un giovane ragazzo che vedeva in quella figura, la bontà e il bene che gettavano le basi per un’idilliaca gioventù. Un idillio devastato da cinque ragazzi della sua stessa età in un pomeriggio maledetto.
Chris sapeva solo una cosa: che PaPa Chilly avrebbe voluto vedere suo nipote continuare a giocare a pallacanestro, nonostante tutto.
Sei giorni dopo la scomparsa del nonno, un giorno dopo il funerale, Chris Paul decise di giocare in quella che sarebbe stata la prima partita dell’anno da senior nella sua high school. Chris domandò alla zia quale sarebbe stato il miglior modo per onorare PaPa Chilly. Gli rispose con un’idea alquanto utopica: segnare un punto per ogni anno di vita di Nathaniel. 61 anni, 61 punti. Chris pensò quanto bello potesse essere riuscire a fare qualcosa di simile, ma allo stesso tempo quando difficile sarebbe stato.
Durante la partita, davanti a tutta la comunità della città, CP3 entrò in un’altra dimensione. Punto dopo punto, il suo quantitativo iniziò ad aumentare in maniera esponenziale.
Quel giorno, mio nonno era lì con me, a tifarmi, a supportarmi in ogni singolo momento
Chris Paul
Non importava la situazione, chi aveva davanti o che tiro stava per tentare: CP3, in quella partita, era in una missione personale, dopo una vita cambiata nel profondo per una perdita devastante a soli 17 anni.
Due minuti rimasti. West Forsyth è avanti di 40 punti, il tabellino di Chris Paul dice 59 punti. Cinquantanove. CP3 era a un passo dallo scrivere un film.
Palla nelle sue mani, due palleggi, tiro con la mano destra sotto canestro: 61 punti. L’arbitro aveva anche chiamato un fallo, e quindi la giovane futura stella NBA si trovò sulla lunetta con la possibilità di mettere il punto numero 62, e con altri due canestri avrebbe superato il record dello stato per punti in una partita.
Ma Chris non era lì per quello, bensì per qualcosa di più significativo: prende la palla datagli dall’arbitro, e non tenta il tiro libero: la lancia fuori dal campo e si fa sostituire. I punti sul tabellino erano 61. Uno per ogni anno di vita del nonno.
Il giorno dopo, i giornali locali scrissero di come per soli cinque punti Paul non era riuscito a superare il record dello stato. Non sapevano cosa Chris era riuscito a fare, non avevano capito il suo intento. In molti però lo scoprirono presto. E da allora quella partita è diventata parte della storia incredibile e improbabile di un futuro Hall of Famer, di un genio della pallacanestro quale è oggi Chris Paul.
Anni dopo, CP3 ha scritto un libro chiamato “Sixty-one: Life Lessons From Papa, On and Off The Court“ insieme al fratello, C.J. Il libro celebra la vita del nonno e le lezioni che ha loro insegnato, giungendo alla tragedia, al dolore e alla rinascita in quella partita leggendaria.
I giovani che commisero il crimine, si trovano ad oggi tutti in prigione in Carolina del Nord, tranne uno, scomparso in una sparatoria nel 2016. Alcuni stanno scontando pene di 14 anni, altri l’ergastolo.
Chris Paul ha dichiarato in passato che, nonostante il brutale assassinio del nonno rimarrà per sempre bruciato dentro, avrebbe voluto incontrare gli assassini, per perdonarli.
Quei ragazzi avevano 14 e 15 anni al tempo. Con una vita davanti. Per molte volte ho sperato di poter parlare con loro, per dirgli di come sono riuscito a perdonarli. Al tempo, mi rendeva felice pensare che se ne sarebbero andati per sempre. Ora invece, la penso diversamente
Chris Paul
Soprattutto in questa fase finale di carriera, Paul è un giocatore polarizzante. In molti amano il suo stile, altri invece non apprezzano il suo carattere in campo e la sua personalità. Ma bisogna sempre comprendere, da dove un uomo arriva, e come è stato forgiato negli anni.
PaPa Chilly non riuscì a vedere l’amato nipote giocare a livello professionistico, e nemmeno al College, ma Chris negli anni ha continuato a portare avanti la sua eredità, sia come atleta sia come leader. La sua carriera è stata caratterizzata dalla stessa determinazione, passione e impegno che nonno Nathaniel gli ha insegnato fin da bambino.
Nel giorno in cui questo articolo è stato pubblicato, Chris Paul ha compiuto 38 anni. È ancora lì, su quel parquet, combattendo in tutti i modi per riuscire a vincere un agognato anello NBA. E forse ciò che lo spinge nel continuare a lottare in questa fase avanzata di carriera, è proprio ciò che accadde ormai più di vent’anni fa al suo amato nonno. Finire la storia, chiudere il cerchio.
Di cestisti come CP3, indipendentemente dall’opinione pubblica, ce ne sono pochissimi; mentalità, intelligenza cestistica, leadership in quello che è molto di più di un semplice atleta. Godiamoci il talento dell’ultimo vero grande playmaker NBA (terzo nella classifica All-Time per numero di assist), proveniente da una generazione d’oro che difficilmente rivedremo. Godiamoci la grandezza di Chris Paul, ora che possiamo farlo ancora, forse per meno di quanto realmente pensiamo.