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Pete Maravich, il genio visionario dell’NBA

A 49 anni dall’approdo di Pete Maravich ai Jazz, pezzi di storia di un genio futuristico del basket ormai dimenticato

Il 20 maggio 1974, gli Atlanta Hawks cedettero un giovane e ribelle Pete Maravich ai New Orleans Jazz in cambio di due giocatori e quattro scelte al draft. Maravich, nonostante la genialità del campo, non era ben visto in quel di Atlanta: il suo stipendio da due milioni di dollari e il suo stile di gioco erano fonte di odio da parte dei compagni di squadra conservativi sul campo, e decisamente meno pagati di lui fuori.

Pistol Pete, non vedeva l’ora di andarsene, e quando gli giunse la notizia dello scambio Atlanta – New Orleans, saltò di gioia: in quel momento, i Jazz erano una franchigia di espansione e avevano bisogno di un giocatore popolare per generare entusiasmo nella città. Considerando il periodo leggendario trascorso da Maravich alla Louisiana State University, quello tra Pete e New Orleans fu un connubio naturale.

Sfoggiando il suo inconfondibile stile da mago del parquet e la sua destrezza fuori dal comune, Maravich conquistò i cuori dei tifosi immediatamente.

Dotato di un talento innato e di una passione contagiosa, Maravich si è trasformato in una leggenda vivente del gioco, incantando gli spettatori con le sue giocate mozzafiato, siglando record per l’epoca, e in alcuni casi anche per i giorni d’oggi, irraggiungibili. Nelle sue mani, il pallone sembrava prendere vita, danzando con una grazia e precisione millimetrica, in una visione futuristica di una pallacanestro per cui “Pistol” viveva.

Dietro l’aura di magia e spettacolarità di Maravich, si nascondeva un duro lavoratore, un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile nel basket e nella storia dello sport.

Questi sono alcuni momenti che hanno reso Pistol Pete, una leggenda immortale.

44 Punti di Media al College

Prima di fare il suo ingresso nella NBA, Pete Maravich ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo del college basketball durante il suo periodo universitario a LSU. Giunto alla Louisiana State dopo un periodo passato tra la scuola militare e la severità del padre, l’allenatore Press Maravich, il quale era estremamente protettivo nei confronti del figlio: minacciò addirittura di sparargli, avesse mai bevuto o si fosse messo in situazioni problematiche.

Pete, si ritrovò a LSU proprio nel momento in cui suo padre divenne coach della squadra maschile. Durante le sue tre stagioni alla LSU, dal 1967 al 1970, Maravich raggiunse medie di punteggio disumane, catturando l’attenzione del mondo intero. Con una media di 44,2 punti a partita mantenuto in anni di assoluta dominanza, ha stabilito un record che in NCAA tuttora resiste.

Una storia proveniente da un altro mondo, da vecchie pagine leggendarie di giornale, quando ancora non esisteva comunicativamente nulla di ciò che oggi conosciamo. Ma una storia vera.

Ciò che rese ancora più impressionante il record collegale di Pete, fu l’assenza di una linea da tre punti o di uno shot clock. Considerando la capacità di Pistol nel tiro dalla lunga distanza e il fatto che con un limite di tempo per possesso ci sarebbero stati più tiri, Maravich, secondo gli studiosi storici sportivi, avrebbe raggiunto medie di 57 punti e 12 triple a partita, in caso fossero state introdotte quelle due variabili con cui il gioco del basket ora vive.

10.000 Punti in NBA a 28 anni (senza il tiro da tre)

Il 26 febbraio 1976, a soli 28 anni e 240 giorni, Maravich scrisse il suo nome nel club dei 10.000 punti, diventando al tempo il più giovane giocatore di sempre a raggiungere un traguardo simile. Pistol, che detiene ancor’oggi il record di punti al college LSU, chiuse presto la sua carriera NBA, a soli 32 anni, dopo metà stagione con i Boston Celtics di un giovane Larry Bird. Cambiò vita, divenne un cristiano rinato, si avvicinò anche a teorie e religioni ben più complicate e assurde.

Si ritirò con 15.000 punti realizzati in NBA (tra i giocatori con più partite da 50+ punti nella storia della lega), e forse il destino, in ogni possibile scenario, non gli avrebbe permesso di andare oltre questo numero.

68 Punti contro i New York Knicks

In una serata storica, il 25 febbraio 1977, Maravich ha scritto il suo nome negli annali del basket con una performance indimenticabile contro i New York Knicks di Walt Frazier.

Man mano che la partita avanzava, la capacità realizzativa di Maravich raggiungeva altezze incommensurabili. Dissezionando con maestria la difesa dei Knicks, sfruttando ogni varco con precisione chirurgica, Pistol Pete lasciò commentatori, tifosi e spettatori a bocca aperta. Ciò che realmente permise al numero 7 dei Jazz di raggiungere un quantitativo così impressionante di punti, fu la sua precisione nel tiro da fuori: in un’era del basket dove il gioco sotto canestro dominava, in assenza di una linea da tre, Pete da lì ci tirava lo stesso, e ne metteva uno dopo l’altro.

26 dei suoi 43 tentativi dal campo entrarono, dimostrando un’accuratezza futuristica. Maravich chiuse la partita con 68 punti, solo Wilt Chamberlain ne fece più di lui in quegli anni.

Pete Maravich è stato uno dei primi grandi geni della palla a spicchi. Ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del basket e dello sport. Un vero pioniere, un’icona indiscussa e un eterno simbolo di eccellenza sportiva, scomparso troppo presto.

Il basket di oggi vive sulla spettacolarità, sui tiri dalla distanza, sui passaggi magici. Nel tempo icone come Pistol Pete verranno sempre più dimenticate, ma finché nella memoria di qualcuno rimarranno impresse le giocate, la grandezza, le incredibili visioni di gioco di un atleta simile, allora c’è ancora una possibilità, di vivere nuovamente quei tempi, quell’atmosfera leggendaria.

Perché di visionari del basket come Pete Maravich non ne faranno più. E nonostante la tragica e prematura fine, Pistol Pete, vivrà per sempre.

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