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Punteggi record in NBA: la colpa è della difesa?

Il livello offensivo della NBA ha raggiunto livelli storici, ma la colpa è davvero solo della difesa?

I Golden State Warriors (tra le migliori squadre della storia NBA) del 2016-2017, che chiusero la stagione con 67 vittorie e 15 sconfitte schierando un quintetto formato da Kevin Durant, Stephen Curry e Klay Thompson, segnavano in media 116.7 punti ogni 100 possessi.

Oggi quella squadra sarebbe al 17esimo posto su 30 per produzione offensiva. Nel mese di Dicembre le squadre NBA hanno segnato una media di 117 punti ogni 100 possessi.

La rivoluzione è già partita e sarà trasmessa in TV.

Ci sono ovviamente alcune eccezioni – come Timberwolves, Rockets e Celtics che anche nei primi 2 mesi hanno subito in media meno di 110 punti a partita – ma la NBA sta cambiando e anche più repentinamente del previsto.

Indiana Pacers, Milwaukee Bucks e Philadelphia 76ers sono gli ambasciatori di questa rivoluzione offensiva: al momento sono le tre migliori squadre della storia per produzione ed efficienza in attacco seguite dagli Atlanta Hawks.

Punteggi così alti (qui trovate le partite NBA con il punteggio più alto) attirano sicuramente il ‘customer’ medio, più attratto dallo spettacolo delle triple e delle schiacciate rispetto ad un pubblico che preferirebbe assistere a partite più combattute dal punto di vista fisico. E se da un lato questa crescente attenzione da parte del cliente medio fa sicuramente bene alla popolarità della NBA e alle tasche di Adam Silver, dall’altro scoraggia molte persone che invece vorrebbero assistere a partite dove si combatte davvero su ogni pallone.

A volte, però, ci si dimentica che questi ragazzi giocano 82 partite nel corso di soli 5 mesi: il livello di competitività non può essere sempre al massimo quando si giocano 4 partite a settimana, ed è fisiologico che sia così. Per questo motivo le difese possono sembrare spesso “svogliate” e poco intense, in primis per la tenuta fisica degli atleti – che sanno di dover arrivare sani e pronti in vista dei Playoff – e in secondo luogo proprio per la mole esagerata di partite (dove alla fine, per forza di cose, molte di queste finiscono per valere poco o nulla).

Ma quindi… la colpa è della difesa?

La risposta semplicistica sarebbe “sì”, ma in realtà c’è molto altro.

Solo 4 squadre nella storia della NBA hanno segnato più di 120 punti di media ogni 100 possessi (Offensive Rating) e tutte e 4 sono attualmente nella lega (Bucks, Pacers, Sixers e Hawks).

In tutte le 39 stagioni dal 1979-80 al 2017-18 l’Offensive Rating medio di tutte le squadre si è sempre aggirato tra 102 e 109, mentre quest’anno va ben oltre quota 115… una differenza incredibile rispetto al basket di cui molti appassionati si sono innamorati crescendo.

In tutta la storia della NBA ci sono state solamente 9 squadre capaci di tirare con più del 60% di True Shooting (statistica che unisce tiri dal campo, tiri da tre e tiri liberi) e ben 4 di queste nove giocano attualmente in NBA (Bucks, Pacers, Sixers, Thunder).

Nella stagione 2003-04, esattamente 20 anni fa, solo 2 giocatori hanno tentato almeno 7 triple a partita (Baron Davis e Tracy McGrady) e nessuno dei due ha superato quota 34% in stagione. Quest’anno ci sono 30 giocatori con almeno 7 triple tentate a partita, di quei 30 solo 1 tira con meno del 34% e ben 11 tirano con più del 40% da tre… la NBA non è mai stata così talentuosa.

I motivi di questo radicale miglioramento sono molteplici: ragazzi che fin da piccoli si allenano a tirare da molto lontano (sicuramente influenzati anche dallo stile di gioco di Steph Curry) e squadre NBA che ormai hanno capito cosa funziona e cosa no, rifiutando quasi categoricamente i tiri dalla media e concentrandosi su conclusioni facili in area o tiri che valgono 3 punti invece di 2.

La causa del recente aumento nella produzione offensiva è certamente più rintracciabile nelle incredibili capacità degli attaccanti rispetto ai demeriti della difesa… o quasi.

Questa è una clip di un fallo in attacco fischiato a Michael Jordan nel 1987.

Questa, invece, una clip di Joel Embiid in 1v1 contro Rudy Gobert.

Negli ultimi anni è di fatto diventato quasi impossibile difendere, con gli attaccanti che vengono favoriti praticamente ad ogni azione. Nella seconda clip è chiaramente Embiid a cercare il contatto, abbassando oltretutto la spalla, ma per gli arbitri – non solo in questa occasione – questo non è mai un fallo in attacco se il difensore non è perfettamente immobile.

Per non parlare poi dei passi non fischiati, del carrying e dei blocchi in movimento, su cui si potrebbe scrivere un’intera enciclopedia. La NBA ha già diverso tempo mollato la presa su questo tipo di situazioni, in favore di un gioco sempre più elettrizzante e tendente allo spettacolo.

Se gli attacchi dovessero continuare a migliorare con questo ritmo non è improbabile che possa esserci anche una revisione delle regole, magari con un salto nel passato e la conseguente rimozione dei 3 secondi difensivi (regola introdotta a partire dalla stagione 2001-02, quando gli attacchi segnavano in media solamente 95 punti a partita)

Non c’è il minimo dubbio che la NBA stia attraversando un periodo d’oro per quanto riguarda le capacità offensive degli straordinari atleti che ne fanno parte, ma tutta questa libertà rende il loro compito sicuramente più facile del previsto.

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