L’NBA Paris Game non è stato utile a nessuno
Per il secondo anno consecutivo il Paris Game non ha riscosso il successo sperato: cosa non funziona?
In una serata ai limiti dell’atroce in termini di spettacolo, con partite senza storia dall’inizio alla fine, l’atteso NBA Paris Game tra Cleveland Cavaliers e Brooklyn Nets ha deluso e non poco.
Se già la scelta iniziale delle squadre era stata discutibile, quanto visto in campo ha spiazzato tutti: ad eccezione di Cam Thomas e di un super Donovan Mitchell, per i giocatori sul parquet sembrava una partita di pre-season.
Solo l’insperato tentativo di rimonta dei Nets, finiti in precedenza a -30, ha regalato un minimo di ritmo al finale di partita.
Ripensando al dimenticabilissimo Paris Game dello scorso anno, tra Bulls e Pistons, troviamo un canovaccio della gara simile: a questo punto viene spontaneo chiedersi se questo format abbia davvero il senso che cerca di dare Adam Silver; eventi come quello di ieri costituiscono una finestra importantissima per esportare all’estero l’immagine della lega, raggruppando sugli spalti un parterre di star che spazia da Pharrell Williams a Kylian Mbappé e David Beckham, al fine di dare quanta più visibilità possibile sul marchio NBA.
Con accoppiamenti più glamour (almeno sulla carta) in programma nella stessa data, come Lakers-Suns e Bucks-Celtics, viene da chiedersi i motivi della scelta di queste squadre: i vincoli per gli accordi televisivi esistono e lo sappiamo tutti, però era facilmente prevedibile che lo spettacolo offerto da un mediocre Cavs-Nets non avrebbe retto le aspettative.
Se ci aggiungiamo che il freddo pubblico parigino non ha contribuito ad accendere gli animi dei giocatori in campo, otteniamo una cornice perfetta per una serata riuscita male nelle intenzioni e nel risultato.
Dall’anno prossimo verosimilmente assisteremo al ritorno in Francia di Victor Wembanyama, che di base costituirà un valido motivo per guardare il Paris Game, ma le premesse, a partire dal livello degli avversari, dovranno essere diverse.