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Il fattore chiave per i Golden State Warriors

Intervenuto ai microfoni di ESPN, Stephen A. Smith, ha svelato il suo punto di vista sulla situazione Warriors e su come questa possa subire una svolta

La stagione fin qui intrapresa dai Golden State Warriors, è oggettivamente associabile ad un fallimento. La squadra, infatti, occupa ad oggi la decima posizione della Western Conference, con un record di 27-26 che non lascia dormire sonni tranquilli a coach Kerr, il quale intravede gli spettri di uno scontro ai play-in con i L.A. Lakers, non proprio una squadra disposta a fare da comparsa.

Non è però ancora tutto perduto per la squadra della baia. Reduci infatti da un promettente 8-2 nelle ultime 10 gare, gli Warriors, sembrerebbero intravedere qualche spiraglio di speranza nel reindirizzare l’annata fin qui storta. Fanno ben sperare, in tal senso, la definitiva esplosione di Jonathan Kuminga (15.5 punti, 4.7 rimbalzi e 1.9 assist), ma anche il sorprendente rendimento del rookie Brandin Podziemski (9.9 punti, 5.8 assist e 3.9 rimbalzi).

Ma il vero game changer, secondo Stephen A. Smith, risponde al nome di Klay Thompson. Il veterano infatti, dopo il doppio infortunio, è sempre stato protagonista di prestazioni troppo altalenanti, impedendo a coach Kerr di trovare in lui le certezze di cui era un tempo garante. Quando però si è trovato con le spalle al muro ha sempre avuto la forza di rispodere con prestazioni di tutto rispetto.

Esempio lampante è la partita giocata a Salt Lake City prima della sosta per l’All-Star Game. Thompson infatti, uscito per la prima volta dal 2012 dalla panchina, ha messo insieme 35 punti, 6 rimbalzi e 2 assist in 28 minuti, dando una risposta di gran carattere a tutte le critiche piovutegli addosso nell’ultimo periodo.

Se Klay Thompson ritrova la sua precisione nel tiro mentre Steph Curry continua a giocare come sta facendo… la situazione cambia radicalmente

Stephen A. Smith

Attenzione quindi a dare per morti coloro che hanno dominato l’ultimo decennio della scena del basket americano, perché se c’è una cosa che ci ha insegnato il titolo del 2022, vinto appunto dai Warriors dopo due anni di assenza ai Play-off, è che questi campioni non muoiono mai.

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