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Come Shai Gilgeous-Alexander è diventato il miglior attaccante della NBA

Maestro dell’isolamento e del mid-range. Ecco come Shai Gilgeous-Alexander sta distruggendo le difese NBA

Il playmaker di Oklahoma sta giocando una stagione sublime sotto tutti i punti di vista, mostrando e dimostrando ancora una volta come il suo percorso di crescita sia ancora lontano dal termine.

Dopo dei Mondiali FIBA giocati da veterano oltre che da fenomeno puro – e culminati con la conquista della prima storica medaglia per la nazionale canadese – il nativo di Toronto sta inaspettatamente trascinando i suoi Thunder al primo posto della Western Conference.

La stagione dello scorso anno – che gli è valsa l’inserimento nel Primo Quintetto All-NBA – aveva segnalato anche ai meno esperti e ai meno attenti che ad Oklahoma ci fosse un giocatore speciale, ma la consacrazione avvenuta in questa stagione a soli 25 anni è davvero incredibile e potrebbe addirittura concludersi con la vittoria del titolo di MVP.

“Costanza” è la parola che ha contraddistinto di più finora la stagione di Shai: al momento siamo a quota 49 partite da 30 o più punti in stagione su 65 giocate. Se dovesse terminare almeno altre 11 sulle 16 che rimangono da qui alla fine segnando 30 punti potrebbe entrare in una cerchia ristrettissima: solamente Kareem Abdul-Jabbar, Nate Archibald, Wilt Chamberlain e Michael Jordan hanno chiuso una stagione con 60 partite da 30 punti in una stagione.

Ma cos’è che lo rende davvero così unico e soprattutto così incontenibile per le difese avversarie?

Un artista dell’isolamento

Crossover, schiacciate, mid-range, layup nel traffico, fadeaway… non c’è una cosa che questo ragazzo non sappia fare nella metà campo offensiva. La sua capacità di uscire da ogni singola situazione difensiva lo rende incontenibile. Se poi lo mandi in lunetta non è nemmeno una grande idea: in stagione sta tirando con l’88% ai liberi… auguri.

Abbiamo già visto playmaker alti più di due metri dominare il parquet – a partire dallo stesso Magic Johnson nei lontani anni ’80 – ma nessuno era davvero in grado di fare quello che rende inarrestabile il canadese.

In isolamento è secondo in NBA per possessi di media (6.2 a partita) e primo per efficienza con 1.15 punti generati ogni possesso (min. 5 possessi). Anche nei pick-n-roll da portatore di palla è quarto per possessi di media (8.0 a partita) e primo per efficienza in tutta la NBA sempre con 1.15 punti generati ogni possesso (min. 5 possessi).

Oklahoma lo ha sapientemente circondato di ottimi tiratori sul perimetro (Jalen Williams, Isaiah Joe e Lu Dort stanno tutti tirando col più del 41% da tre in stagione) permettendogli di attaccare spesso i suoi avversari diretti in 1 contro 1 senza il pericolo che la difesa aiuti troppo sulle sue penetrazioni o lo raddoppi.

Shai, dal canto suo, a soli 25 anni è un maestro nel leggere ciò che la difesa gli propone ad ogni azione e nell’attaccare in isolamento grazie al suo primo passo esplosivo e ai suoi continui stop-n-go.

Il mid-range

Nell’ultimo anno SGA è diventato un vero e proprio “3-level scorer”, un giocatore in grado di segnare da qualunque zona del campo senza particolari problemi e con grande efficienza. Questa caratteristica, combinata al suo sublime ball handling (soprattutto per un ragazzo di quasi 2 metri), lo rende davvero imprevedibile e quasi impossibile da marcare per i difensori.

In stagione è quinto in tutta la NBA per punti di media in area (14.9) dietro solamente a Giannis Antetokounmpo, Zion Williamson, Nikola Jokic e Anthony Davis e sta tirando col 70% nei pressi del ferro (poco meno di LeBron James e Nikola Jokic).

Quindi per marcarlo basta chiudere l’area e lasciarlo tirare?

No, perché il ragazzo è il terzo miglior tiratore dal mid-range della lega: in stagione siamo ad un assurdo 49.1% sui tiri dalla media (dietro solamente a Kevin Durant e Joel Embiid) e un irreale 48.7% sui tiri in fadeaway… primo per percentuale in tutta la NBA.

SGA basa una buona parte del suo gioco proprio sul tiro dalla media, un’arte ormai persa da circa un decennio, tenuta in voga tutt’ora solo dai migliori compositori moderni come Kevin Durant.

In una NBA in cui le soluzioni offensive sono sempre più polarizzate, dove si parla solo di tiro da tre o di schiacciate e le partite vengono analizzate analiticamente e matematicamente, Shai sta dimostrando a tutta la lega che l’arte del mid-range, in realtà, non è ancora morta.

La tabella dei tiri presi e segnati da Shai quest’anno è davvero impressionante: sta tirando col 46% abbondante da tre dalla punta e con un metafisico 58.3% dal mid-range sinistro.

Il suo modo di giocare lo rende diverso da tutti e guardarlo cucinare le difese ogni sera è davvero un piacere per gli occhi. Un playmaker in grado di superare praticamente chiunque in palleggio, di chiudere al ferro come un big-man e di tirare dalla media o in fadeaway con le stesse percentuali di Kevin Durant.

Un rebus irrisolvibile.

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