Breve storia di Willie Cauley-Stein
Da bust del Draft a potenziale giocatore chiave. Pallacanestro e tatuaggi nella vita del centro prodotto di Kentucky
Facendo un sondaggio e domandando quale sia la prima impressione guardando in faccia il centro dei Dallas Mavericks, le risposte non sono rassicuranti. Qualcuno con tutti quei tatuaggi sul volto chiede se gli stiamo mostrando la foto di un galeotto, c’è chi azzarda dandogli del trapper e chi semplicemente lo vede come un poco di buono.
Eppure nessuno è a conoscenza del fatto che Willie Cauley-Stein quei tatuaggi li ha per motivi ben precisi: infatti, quando è a lui che viene posta la stessa domanda, la risposta è quella di guardare oltre al viso pitturato.
Molto più dei tatuaggi
Willie nasce nella sperduta Spearville in Kansas, che non conta nemmeno mille abitanti. Il padre lo abbandona quando nemmeno la sua mente sarebbe in grado di ricordarne il volto e viene cresciuto dalla madre e dai nonni. La mancanza di una figura paterna però non si fa sentire e il ragazzo cresce con sani princìpi e un amore spassionato per la pittura e per l’arte. Inizia a dipingere quando è alle scuole medie, prima su tela, poi qualche bravata sui muri insieme agli amici di sempre.
Comincia la scuola superiore e inizia a farsi tatuare, perché vuole mostrare a chiunque quanto sia speciale rispetto agli altri ragazzi, non vuole essere considerato un individuo comune, il suo estro lo porta a volere per sé un appeal da artista.
Uno dei primi tatuaggi che decide di farsi recita “The greatest pleasure in life is doing what others say you cannot do” ovvero “il più grande piacere nella vita è fare ciò che gli altri dicono tu non sia in grado di fare”. Questo perché senza un padre e con quella mente così sopra le righe, la gente si permette di etichettarlo come inaffidabile e incapace di avere un roseo futuro. Will però è molto più maturo dei suoi coetanei e le decisioni che prende sono frutto di ragionamenti studiati e condivisi con chi lo ha cresciuto. Sua madre e i suoi nonni lo incoraggiano a dare il massimo e ad essere disciplinato, concedendogli però la libertà di esprimersi in qualsiasi campo si voglia cimentare.
L’unica risposta che il giovane classe 1993 dà alla sua famiglia è la volontà di cambiare il proprio cognome e il secondo nome: così Willie Durmond Cauley Jr. diventa Willie Trill Cauley-Stein. Trill, il suo soprannome fin da piccolo e Stein, il cognome della mamma e dei nonni.
Inchiostro sulla pelle
Il tempo passa e Cauley-Stein si accompagna agli amici di una vita, ragazzi che lo hanno sempre sostenuto e con cui ha condiviso il suo lato artistico e l’altra grande passione: la pallacanestro.
Le sue ottime capacità unite all’altezza, lo rendono appetibile ai college più prestigiosi e quando Kentucky bussa alla sua porta, non si fa sfuggire l’occasione, diventando un Wildcats nell’estate 2012. Sui 28 metri tutto prosegue tremendamente bene, ma il destino sa essere beffardo per non dire crudele e man mano che trascorrono gli anni, Willie continua il suo percorso, mentre i suoi compari cadono come foglie.
Blake Hundley, il suo migliore amico ai tempi del college, viene a mancare per un cancro e per onorarlo decide di farsi tatuare “Team Blake” dietro al collo. Willie trascorre con lui tutti gli ultimi istanti, vedendolo spegnersi lentamente. Non molto tempo dopo, per overdose di Xanax, muore un altro dei suoi amici a cui dedica un’altra scritta sulla pelle.
Il momento è davvero duro per Trill, che sfoga la sua rabbia continuando a dipingere e a sfruttare il parquet come valvola di sfogo. La sua forza nel non cadere o nel sapersi rialzare dopo una serie straziante di fatti, lo premia con il proprio nome inserito nei primi 15 prospetti del Draft NBA.
Vero al 100%
Il Draft 2015 è colmo di ragazzi provenienti dal college di Kentucky, insieme a Willie lo seguono Towns, Booker, Lyles, Andrew Harrison e Dakari Johnson. I Sacramento Kings con la sesta scelta puntano su di lui, i numeri messi di fronte al fatto che fosse il backup di KAT, convincono la franchigia californiana ad affidarsi a WCS come scelta all’interno della lottery.
Sceglie il doppio zero come numero di maglia, il cui significato è legato al 100%. Lui è vero così come la gente lo vede e rimane sempre in piedi come il numero 1 a cui accompagna i due zeri. Il suo primo anno in NBA si chiude con la selezione nel secondo team All-Rookie e con 7 punti, 5.3 rimbalzi e 1 stoppata di media a partita nonostante qualche fastidio muscolare.
Nonostante venga considerato quasi un “bust” per non aver fatto svoltare il futuro della franchigia, WCS nelle quattro stagioni con i Kings migliora di anno in anno, aggiungendo al suo repertorio qualità interessanti in fase di assistenze e di palle rubate.
Guardatemi in faccia
Di colpo il volto di Willie Cauley-Stein diventa sempre più una tela da dipingere e all’inizio di ogni nuova stagione si presenta con un tatuaggio nuovo, ognuno con il suo significato o con un messaggio implicito. I primi a farsi notare sono le “XX” sulla parte sinistra accompagnate a due lacrime, una dedica a due dei suoi più cari amici scomparsi.
Per Will l’inchiostro sul volto è la maniera più facile per mostrare alle persone quelle iniziali, quei segni, quelle parole che su un’altra parte del corpo non vedrebbe nessuno e non susciterebbero la curiosità in chi lo guarda.
Il messaggio del nativo di Spearville è sempre quello, di guardarlo in faccia, di fare domande, ma di non trarre conclusioni, vuole che si vada più a fondo ci si informi. Avere dei disegni sul viso non deve fa di lui una brutta persona, un poco di buono, non ha senso etichettarlo come inaffidabile. Trill mette sul volto ciò che non c’è più per farlo ricordare anche a chi non lo conosce e se vuole trasmettere un messaggio lo incide sulla pelle.
Anche nonna Norma Stein dopo averlo visto con una tripla P tatuata sulla fronte gli ha domandato perché proprio in quella posizione e quale fosse il significato. “Philosophical Power and Peace” e se non lo avesse fatto in quel punto della sua faccia nessuno avrebbe seguito il movimento, questa è stata la risposta del ragazzo, che ha deciso di farsi scrivere “puso” sullo zigomo, perché in lingua filippina significa “cuore”.
Willie Cauley-Stein, il libro oltre la copertina.
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