Breve storia di Zach LaVine
Schiaccia e tira da tre, domina e si è preso in mano i Chicago Bulls. Dopo oltre 20 anni si può tornare a sognare nella città del vento
Sapersi adattare non è semplice. Provate a liberare un uccello nato e cresciuto dentro una gabbia o rinchiudere un leone abituato a vivere nella Savana. Avrete un pessimo risultato, l’animale sarà compromesso per sempre e non sarà mai in grado di accettare il nuovo habitat. Non è la legge del più forte a prevalere, questa è semplicemente scienza e come tale va rispettata secondo i suoi dogmi.
Ora prendete un ragazzo di Renton, la città che ha dato i natali al Boeing 737, chiedetegli di volare ogni giorno come un fenomeno da baraccone, però non appena un pezzo della struttura cede gettatelo invece di aggiustarne i pezzi. Deve essersi sentito così Zach a Minnesota dopo la rottura del crociato, abbandonato perché non avrebbe potuto più spiccare il volo e portarli ai play-off.
Oggi LaVine è diverso: maturo, consapevole dei propri mezzi, ha trovato nei Bulls l’hangar perfetto dove far riposare il proprio motore. Qui ha plasmato il suo gioco, il ragazzino che partecipava alla gara delle schiacciate ha cessato di esistere, sostituito da un giocatore a tutto tondo, l’uomo franchigia su cui i Timberwolves si sono arresi troppo presto. A Chicago stanno di nuovo sognando in grande.
Anche se i tempi di Jordan, Pippen e Rodman sono lontani, Air Zach è pronto per far sedere a bordo tutti quanti, estimatori e detrattori.
Get ready to fly!
Be Like Mike or Be Like Kobe
Se nasci nel 1995 sei troppo giovane per assistere alla grandezza di Michael Jordan, che ormai si appresta a chiudere i suoi ultimi anni da leggenda di questa disciplina con il suo secondo three-peat. Di sicuro vieni al mondo nel momento giusto se vuoi diventare “figlio di Kobe Bryant”, il ragazzino da Philadelphia che debutta nel 1996 e per venti lunghi anni conquista la Lega a colpi di fade-away e giocate al limite della realtà.
Zach è piccolo, ma ha un grande fiuto nel capire quali siano i giocatori a cui ispirarsi, se diventare un campione della pallacanestro è il più grande sogno da mettere nel cassetto. Sono Space Jam e le partite dei Los Angeles Lakers a riempire le sue giornate di bambino; come regalo di compleanno non desidera nient’altro che un pallone ed un canestro, grazie a cui sfogherà in maniera compulsiva la sua ossessione per questo sport.
Mamma e papà provano ad indirizzarlo verso lo sport che li ha consacrati come atleti di prima fascia. Il padre Paul vorrebbe vederlo come futuro running back o wide receiver in una contender della National Football League; la madre CJ sogna per lui una carriera nella Major League Baseball, la Lega professionistica di baseball. LaVine però non ha dubbi su quale sia la sua vocazione, perché quella sfera arancione ha un effetto particolare su di lui, è facile rimanere stregati dalle evoluzioni in aria dei giocatori della NBA e un giorno sogna di baciare il ferro davanti a oltre diecimila spettatori.
Il più grande dilemma per Zach rimane uno solo: diventare come Michael Jordan o come Kobe Bryant. Entrambi sono leader nati, sanno volare, tirare da tre punti, ma soprattutto sanno vincere. Diventare un All Star, alzare il trofeo di campione NBA, il titolo di MVP e firmare un ricco contratto come uomo franchigia è il sogno del giovane nativo di Renton. La risposta a queste domande arriverà in futuro, adesso è tempo di lavorare. La palestra deve diventare una seconda casa.
Sia fatta la luce
Crescere è faticoso, solo che Zach diventa 1 metro e 91 nell’estate che lo porta al suo ultimo anno di liceo. Alle sue capacità come tiratore da tre punti aggiunge l’esplosività nel salto che lo rende uno schiacciatore fuori dal comune. Il ruolo di point guard, assegnatogli per l’ottimo ball handling di cui è dotato, lascia spazio a quello di shooting guard: il coach, avendolo visto crescere esponenzialmente nei fondamentali, vuole fargli guidare la squadra come go-to-guy. Chiude il senior year a 28.5 punti a partita, viene eletto giocatore dell’anno per lo stato di Washington e Washington Mr.Basketball.
Nel suo futuro c’è UCLA, l’ateneo più vincente di tutti, quello che ha prodotto icone come Lew Alcindor (Kareem Abdul Jabbar), Kiki Vandeweghe, Gail Goodrich e più di recente giocatori di talento come Kevin Love e Russell Westbrook. L’avventura in una metropoli come Los Angeles, città in cui, al piano di sopra, gioca Kobe Bryant, regala uno stimolo ulteriore ad un ragazzo appena maggiorenne con grandi ambizioni.
Per Zach l’iscrizione all’università è pura formalità, poiché non è dell’idea di rimanerci a lungo, questo dev’essere un trampolino di lancio per la sua carriera da giocatore della NBA: infatti, dopo appena una stagione a University of California Los Angeles, si rende eleggibile al Draft 2014.
LaVine studia i giocatori che prima di lui sono passati da UCLA e nota come il suo stile e la sua attitudine siano affini a quelli di Russell Westbrook, point guard degli Oklahoma City Thunder dotata di esplosività ed elevazione incredibili. Brodie è stato per i Bruins uno dei migliori difensori delle ultime dieci stagioni (ottenendo anche il premio Pac-10 Defensive Player of the Year), Zach vuole esserne uno dei migliori attaccanti. La sua annata in California rimane abbastanza trascurabile, così come quella della squadra, ma tanto basta per essere considerato un giocatore da lottery.
LaVine Airlines
In un Draft non particolarmente ricco di campioni, i Minnesota Timberwolves danno fiducia a Zach LaVine scegliendolo con la numero 13. All’interno di una franchigia non particolarmente interessante, il ragazzo prodotto di UCLA incanta tutto il Midwest a colpi di schiacciate ed evoluzioni aeree.
Non è solo la città di Minneapolis a godersi le sue imprese sopra al ferro, perché nel 2015 e nel 2016, sulle orme di quello che già aveva mostrato nei video di BallIsLife, il classe 1995 si porta a casa lo Slam Dunk Contest. Se la sfida con Victor Oladipo si rivela di notevole fattura, il testa a testa con Aaron Gordon (scelto anch’egli al Draft del 2014) ha fatto la storia della competizione, con schiacciate al limite delle possibilità umane.
Yahoo! Sports alla fine della prima gara delle schiacciate lo incorona LaVine come il più elettrizzante performer che l’All-Star Saturday abbia visto negli ultimi anni. Dopo aver illuminato le arene con la sua specialità, vengono “inaugurate” le LaVine Airlines, un’espressione che accompagnerà il talento di Renton ogni qualvolta i suoi piedi staccheranno da terra. Al termine del suo anno da matricola viene inserito nell’All-Rookie Second Team, facendo compagnia al Rookie of the Year e compagno di squadra Andrew Wiggins (selezionato per l’All-Rookie First Team).
La stagione 2015-2016 lo incorona come uno dei migliori prospetti della Lega: gioca 82 partite (di cui 33 da titolare), ottiene più fiducia dal coach e dai compagni, passa da 10 a 14 punti segnati a partita, ma è nella sfida tra Team World e Team USA che mette in mostra il suo arsenale al completo: sigla 30 punti, cattura 7 rimbalzi e alza il suo primo trofeo individuale come MVP della partita.
Il 27 Gennaio, nella sfida contro il suo predecessore a UCLA Russell Westbrook, con 35 punti messi a referto registra il record di franchigia per i T’Wolves come giocatore a segnare più punti partendo dalla panchina. Chiude la gara con l’82.4% al tiro (14/17) e stabilisce il record di squadra per il maggior numero di canestri segnati senza errori (9/9).
Dalle stalle agli All Star Game
Solo 365 giorni dopo quell’exploit agli All-Star Game, Zach LaVine si rompe il legamento crociato del ginocchio sinistro. D’un tratto volare non è più così semplice, crollano le certezze, i sogni vengono meno. Questo sport un giorno esaudisce ogni tuo desiderio ed il giorno successivo ti toglie ogni cosa. L’operazione va a buon fine, ma i Timberwolves vogliono risalire in fretta la china, non possono aspettarlo e pochi mesi dopo l’infortunio, Air Zach viene scambiato ai Chicago Bulls.
Questo torto lui non se lo scorderà per molto tempo e si legherà al dito ogni cosa detta sul suo conto nel periodo di convalescenza. LaVine torna a giocare solo a Gennaio del 2018, ma 1 mese dopo, nella gara contro i Minnesota Timberwolves, pareggia il suo career-high segnando 35 punti in una gara punto a punto (114-113 risultato finale per i Bulls).
Nell’estate in cui si ritrova restricted free agent, LaVine è ad un passo dal firmare per i Sacramento Kings, ma i Bulls vedono in lui un giocatore affamato, orgoglioso e pronto a riportare la città del vento lì dove li aveva portati un signore con il numero 23, lo stesso che da piccolo aveva fatto innamorare Zach del gioco.
Da quel giorno il numero 8 giura fedeltà alla causa dei tori, non importa quanti anni occorrano per portare la franchigia ai play-off, lui vuole giocarli per la prima volta in carriera in quel di Chicago. La sua devozione si fa notare subito, quando registra almeno 30 punti nelle prime tre partite della stagione, mettendo il suo nome al fianco di Michael Jordan (1986) e Bob Love (1971).
Per la prima volta in carriera supera i 20 punti di media in carriera, nell’Illinois diventa l’uomo simbolo della squadra: non migliora solo nelle conclusioni, si prende più responsabilità anche a rimbalzo e nella distribuzione dei palloni, nonostante gli venga imputato scarso impegni in difesa, migliora anche nella statistica delle palle rubate.
Al terzo anno in maglia Chicago sta esprimendo la sua migliore pallacanestro trascinando il team in zona play-off, risultando fondamentale anche nei momenti clutch, valore aggiunto alle già note abilità nella schiacciata e nei tiri dalla distanza.
Per Zach LaVine il regalo di compleanno è arrivato con qualche giorno d’anticipo. Il 7 Marzo 2021 ha ottenuto la sua prima chiamata agli All-Star Game, un premio per un ragazzo che ha dato tutto se stesso, si è migliorato stagione dopo stagione facendo fronte anche ad un infortunio che può compromettere seriamente la propria carriera. La LaVine Airlines continua a volare, ma oggi lo fa con mezzi differenti; sono terminati i giorni in cui il figlio di Paul e CJ incantava la platea staccando dalla linea del tiro libero, senza però ottenere un pass per la post-season.
Il Minnesota è solo un brutto ricordo, un aeroporto da cui far partire i primi voli. Se il primo atterraggio è stato doloroso, il vento forte di Chicago ha spazzato via ogni dubbio sul talento di Zachary LaVine.
Il volo in direzione MVP è solo in attesa del check-in.
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