Breve storia di Karl-Anthony Towns
Il centro dei Timberwolves raccontato attraverso i suoi sogni, le sue perdite e il desiderio di diventare un supereroe
A 16 anni riceve la prima convocazione in nazionale con la Repubblica Dominicana (terra d’origine di mamma Jacqueline) e sfiora l’impresa di portarla ai giochi olimpici di Londra 2012. Nei due anni successivi ottiene con St.Joseph High School il titolo di campione statale e John Calipari, coach di Kentucky University che già lo aveva adocchiato con la divisa della selección, si convince del fatto che KAT sia il ragazzo giusto da reclutare per vincere un titolo collegiale.
Minnesota lo seleziona con la numero 1 al Draft NBA 2015, viene premiato come Rookie of the Year all’unanimità con 18.3 punti e 10.5 rimbalzi di media a partita, eletto sei volte matricola del mese, il primo Wolves a riuscire nell’impresa e ciliegina sulla torta, nella prima apparizione agli All-Star Game come partecipante della Skills Challenge, batte in finale Isaiah Thomas, diventando il più giovane vincitore della competizione.
La cavalcata dei Wildcats
Ottenere una borsa di studio da Kentucky University è stato facile come bere un bicchiere d’acqua, non solo perché Karl Anthony Towns era il miglior centro sulla piazza già all’età di 15 anni e mezzo, ma perché già quando vestiva la divisa della nazionale dominicana, a guidarlo sulla retta via c’era John Calipari.
Il coach pur di accaparrarsi il giovanissimo talento ed evitare uno scippo da altri atenei, gli ha fatto la classica offerta che non si può rifiutare, assicurandogli un posto in squadra quando ancora KAT era agli inizi del suo percorso da liceale.
A dare ragione all’allenatore dei Wildcats ci hanno pensato le prestazioni del ragazzo unite agli altissimi voti che otteneva tra i banchi di scuola. Una valutazione di 3.96 su 4.5 nel test GPA (Grade Point Average, utile a misurare il raggiungimento degli obiettivi accademici) e due quadruple doppie registrate esattamente a 365 giorni l’una dall’altra (6 Gennaio 2013: 16 punti, 17 rimbalzi, 11 assist e 11 stoppate / 5 Gennaio 2014: 20 punti, 14 rimbalzi, 10 assist e 12 stoppate) sono il miglior biglietto da visita per il trasferimento del nativo del New Jersey verso Lexington.
La scelta si rivela calzante per entrambe le parti: Towns si ritrova in un contesto vincente, ambizioso e privo di problemi nonostante le pressioni che un college prestigioso come Kentucky possa mettere; Calipari ha il pezzo mancante nel suo puzzle perfetto composto da talenti unici come Devin Booker, Trey Lyles, Willie Cauley-Stein e altre giovani promesse.
Il cammino dei Wildcats è sensazionale a dir poco, riuscendo nella rara impresa di terminare la regular season da imbattuti con 31 vittorie ottenute in altrettante partite disputate. Ci sono tutti i presupposti per terminare la stagione alzando il trofeo di campioni nazionale; inoltre per dare ancora più lustro alle doti di reclutatore di coach Cal, KAT viene eletto SEC (Southeastern Conference) Freshman of the Year con 10.3 punti e 6.7 rimbalzi di media in 21.7 minuti di gioco.
Kentucky elimina Hampton (23 punti di scarto), Cincinnati (13 punti di scarto), West Virginia (in un clamoroso dominio terminato 78-39, doppiando il punteggio degli avversari) e Notre Dame (un solo possesso di scarto). Il record è stabilito, 38 vittorie consecutive, mai nessuno nella storia del college basketball maschile era riuscito in tale impresa, Towns grazie alle sue prestazioni sul parquet scala vertiginosamente le preferenze degli analisti per il Mock Draft, supera il favorito Jahlil Okafor e si proietta come futura prima scelta.
Sembra una favola a cui manca solo un finale coi fiocchi, che però avrà un sapore agro, perché la Wisconsin di un Frank Kaminsky da 21 punti e 12 rimbalzi interromperanno alle Final Four l’incredibile cavalcata di Kentucky.
Game, set & match.
Dai gatti selvatici ai lupi del Midwest
La delusione è cocente per l’intero college. Dopo trentotto vittorie consecutive, nessuno si sarebbe immaginato in una sconfitta. Nessuno tra i presenti al Lucas Oil Stadium di Indianapolis, nessuno dei ragazzi in campo e in panchina. Il viaggio dei Kentucky Wildcats termina e di quel team di invincibili non rimane quasi nessuno sulla barca, dichiarandosi eleggibili per il Draft, vogliosi di dimenticare in fretta la disfatta e certi del fatto che non si sarebbero potuti ripetere l’anno successivo, perciò il treno che porta alla NBA è l’unica soluzione attuabile.
Karl Anthony Towns, come da pronostico, viene chiamato dai Minnesota Timberwolves con la prima scelta assoluta, creando un dynamic duo con un’altra first pick, quella della stagione precedente, fresca di premio di matricola dell’anno: Andrew Wiggins.
In quel di Minneapolis, ancora una volta, le cose non sono andate per il verso giusto e tocca fin da subito al numero 32 cambiare le sorti avverse della franchigia del Midwest. L’inizio è dei migliori per entrambe le parti, poiché le cifre messe sul tabellino da Towns (16 punti e 10.4 rimbalzi di media nelle prime 13 partite) corrispondono ad un andamento diverso rispetto al solito tracollo che prelude un’altra deludente annata.
I Wolves vincono le prime due partite della stagione, entrambe in trasferta, prima volta nella storia della franchigia. L’arrivo di Karl sembra il segno del destino, nonostante un roster giovane e a tratti immaturo, l’ora di qualificarsi per i play-off potrebbe essere giunta.
Individualmente la stagione di KAT è positiva sotto ogni aspetto, stabilendo differenti record di precocità, una cinquantina di doppie doppie e il record per una matricola dei Timberwolves in punti e rimbalzi. Questi sforzi saranno vani per raggiungere la post-season, ma non per vincere il premio di Rookie of the Year e venire selezionato per l’All-Rookie First Team.
L’anno da sophomore è all’insegna di nuovi record da inserire nel libro delle statistiche, tra cui quello di secondo giocatore più giovane a totalizzare 100 doppie doppie (dietro Dwight Howard), di terzo più giovane con una partita da almeno 45 punti e almeno 15 rimbalzi (47+18 vs Knicks) e il primo di sempre nella storia della Lega a realizzare almeno 2000 punti (2061), 1000 rimbalzi (1007) e 100 triple (101).
Il terzo anno è quello buono, complice l’arrivo del veterano Jimmy Butler e dell’ennesima annata da record del giovane Karl, i Minnesota Timberwolves raggiungono i play-off dopo 21 anni dall’ultima apparizione, la striscia d’assenza dalla post-season più lunga mai registrata da una franchigia NBA.
Lungo la regular season, il classe 1995 stabilisce il suo career high e quello della franchigia con 56 punti nella vittoria contro gli Hawks; inoltre viene scelto per fare parte delle riserve del Team Ovest agli All-Star Game, ottenendo così la sua prima chiamata in assoluto. I T’wolves entrano galvanizzati e forse un po’ troppo eccitati dentro la serie contro i Rockets, così la squadra di Harden li regola col risultato di 4-1, terminando anzi tempo l’esperienza di KAT e compagni.
I dolori del giovane KAT
La vita di Karl Anthony Towns è sempre stata ordinaria, una routine che lo portava a vivere la vita e a godersela, consapevole di essere stato baciato dalla fortuna di possedere un talento incredibile. Ripercorrendo le tappe della sua storia, il prodotto di Kentucky University non può che ritenersi soddisfatto di quel che ha ottenuto da quando ha toccato il suo primo pallone da basket.
Il destino però sa metterci lo zampino, spesso lo fa con l’intento di far girare tutto per il verso giusto e dare una svolta decisiva alla tua vita. Con il giovane natio di Edison, ha voluto giocare da avversario, portandolo a diventare un uomo in fretta e furia, strappandogli via le certezze che aveva.
Dopo una striscia di 303 partite consecutive giocate da titolare, la più lunga per un giocatore ad inizio carriera dal 1970-71, KAT deve saltare le sue prime due gare a causa di una commozione cerebrale rimediata dopo un brutto incidente stradale il 22 Febbraio 2019.
Qui inizia la prima difficile prova da superare per il ragazzo, che ripresosi a fatica dalla tragica esperienza, torna sul parquet il 27 Febbraio 2019 in uno stato di semi-trance, giocando il suo miglior basket e apparendo completamente rinato, come se quell’incidente lo avesse privato della sua anima per restituirgliela qualche attimo dopo.
L’anno più complicato per Karl Anthony Towns è senza ombra di dubbio il 2020. Certo, è stato difficile per tutti, la pandemia ha portato via un sacco di persone care, vivere chiusi è stata un’esperienza drammatica, ma pochi, forse quasi nessuno può dire di aver subito un trattamento “speciale” come quello del 25enne. Oltre a dover far fronte a diversi problemi fisici che lo hanno allontanato dai campi, il Covid-19 ha preso e frantumato ogni sua certezza.
Il virus lo ha colpito ed infettato, peggio ha fatto con i membri della sua famiglia: sette sono venuti a mancare per questo disagio, tra loro la madre Jacqueline Cruz a cui era particolarmente legato, che ha dovuto affrontare con le unghie e con i denti un lungo periodo di terapia intensiva, prima di perdere la battaglia.
Questi sono i dolori del giovane KAT, oggi alla disperata ricerca di una risposta per la sua legacy da giocatore. Un fenomeno, legato a Minneapolis per le occasioni che gli ha dato e per aver trovato il modo di firmare il migliore amico D’Angelo Russell.
Non basta questo a consacrarlo come uno dei più grandi giocatori della NBA, in questo caso la ring culture non centra, perché non si tratta di esserci arrivati vicini o di avere un momento magico nei play-off, qui si parla di non essere determinanti o forse di non avere intorno a sé un gruppo con le sue stesse ambizioni. Karl Anthony Towns si guarda intorno, corteggiato e desideroso di flirtare con realtà che possano aiutarlo a realizzare il suo sogno e se non sarà quello di diventare campione NBA, almeno la soddisfazione di essere un supereroe.
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