Warriors, Steph Curry tra leggenda e haters

Ha vinto 3 titoli NBA, 2 titoli MVP e supererà il record di triple di Ray Allen. Eppure in molti ne mettono in discussione la grandezza

Stephen Curry alla guida dei suoi Warriors

Si sente dire e si legge ancora abbastanza spesso che Stephen Curry sia un giocatore sopravvalutato. Solo uno shooter, che ha brillato e vinto grazie alla squadra, a Durant, a Kerr, a papà Dell che gli ha insegnato a tirare, a mamma Sonya che faceva gli gnocchi (sì, li fanno pure in Ohio…). Nell’ultima partita dei suoi Warriors, contro OKC, ne ha messi 49… in 29 minuti, con 11 triple.

Fermo praticamente tutta la scorsa stagione per infortunio, sta viaggiando a 31.9 punti di media, con il 48.7% dal campo (56.9% da 2!), il 42.9% dall’arco e il 91.6% ai liberi. In 60 partite ha messo a segno 324 triple (5,4 a partita, più veloce di sempre a superare le 300).

Raddoppiato, triplicato e rincorso fin dalla metà campo, con attorno una squadra che senza di lui ha vinto una partita su 8 e farebbe fatica in G-League. In tutta la NBA quest’anno 13 volte sono state segnate 10 o più triple. 7 sono sue.


Di cosa stiamo parlando?

Le sue statistiche sono simili, se non addirittura inferiori, a quando gli è stato assegnato il premio di MVP (2015 e 2016). Nel 2014-2015, quando lo ha vinto per la prima volta, con le stesse percentuali segnava quasi 10 punti in meno23,8. Ha superato Wilt Chamberlain come miglior realizzatore ogni epoca dei Golden State Warriors, detiene praticamente tutti i record istituiti, pensabili e ancora non immaginati oltre l’arco dei 7,25.

Per quei pochi che ancora non gli appartengono, tipo il primato assoluto nelle triple di Ray Allen (2973 contro le attuali 2819 di Steph) è solo questione di tempo. Appuntamento circa alla 30^ partita della prossima stagione, infortuni permettendo.

Eppure a molti non piace. Tacciato di saper solo (o quasi esclusivamente) tirare. Non sa difendere. Di sparire nei momenti cruciali, sbagliare i tiri decisivi, motivo per cui non ha mai vinto il premio di MVP alle Finals. Criticato per il suo atteggiamento talvolta canzonatorio in campo, per il modo di festeggiare canestri e vittorie.
Ci sta… nessun giocatore è immune dai proiettili della libera opinione, ne sanno qualcosa anche MJ e LeBron.

Può non piacere, questo è assolutamente legittimo. Ma non riconoscerne la grandezza perché mastica il paradenti o perché oscilla le spalle dopo una tripla è molto più che cecità cestistica… è deliberata e intenzionale denigrazione. Professione haters, si potrebbe dire.


Non ho la sua maglietta, non compro le Under Armour, al campetto non provo a tirare da 18 metri per imitarlo. Ma sto dalla parte di quelli che pensano che questo ragazzo sia un assoluto Fenomeno, con la F maiuscola, che abbia cambiato il gioco come pochi altri nella storia e che non abbia già da tempo più nulla da dimostrare. A nessuno.


Un qualcosa che va al di là delle statistiche, dei premi individuali e dei titoli di squadra, tutte cose che sono già sentenza in giudicato a suo favore. La storia si sta compiendo, siamo testimoni di un giocatore di cui negli anni e decenni a venire si analizzerà l’impatto sulla pallacanestro globale. Lo stanno già facendo.

Il miglior tiratore di sempre? Lo lascio dire agli altri.


Ho la sola certezza che ancora per qualche anno Stephen Curry da Akron continuerà a far saltare dalla sedia un sacco di gente… e a farne incazzare altrettanta.

Non è forse Grandezza questa?

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