La Trade di Luka Doncic è la peggiore della storia NBA
Sì, i Dallas Mavericks hanno davvero scambiato Luka Doncic per Anthony Davis. Ecco tutto quello che c’è di sbagliato

Sono passati tre giorni dalla trade più grande della storia della NBA e molti di noi non si sono ancora ripresi (…forse non succederà mai).
Luka Doncic è ufficialmente un nuovo giocatore dei Los Angeles Lakers. Lo sloveno finisce in California in cambio di Anthony Davis, Max Christie e 1 scelta al primo turno del 2029.
Nico Harrison – il General Manager che ha architettato e proposto (sì, proposto) Luka Doncic ai Lakers – ha giustificato il tutto poche ore dopo aver concluso lo scambio dichiarando tranquillamente che:
Penso che la difesa vinca i titoli. Credo che prendere un giocatore da All-Defensive ci permetta di avere più possibilità. Siamo costruiti per vincere ora e in futuro.
E ha poi aggiunto, cercando l’approvazione di Jason Kidd (allenatore dei Mavericks):
Ho parlato con Jason della trade? No, so che tipo di giocatori vuole e non c’è stato bisogno di dirglielo.
Eppure, non sembra che durante la conferenza Kidd avesse l’espressione di un allenatore contento di avere una squadra “costruita per vincere ora e in futuro”.

Perché è la trade peggiore della storia
Partiamo da un assioma: Luka Doncic non può essere scambiato. E i motivi non andrebbero neanche elencati.
Non può passarti per la mente di cedere il tuo miglior giocatore, che pochi mesi fa ti ha letteralmente trascinato alle Finals (un terzo di tutte quelle che hai disputato in 29 anni di storia), che ha ancora 25 anni e che hai avuto la fortuna di ricevere come un dono dagli astri.
Un giocatore che in un ‘mercato piccolo’ come quello di Dallas passa con la stessa frequenza della cometa di Halley. Uno che andrebbe chiuso, incatenato e nascosto in una stanza segreta sotterranea fino a fine carriera.
Luka Doncic non è un all-star, non è una superstar è un generational player, uno che a 25 anni potrebbe già sedersi allo stesso tavolo di Kobe, LeBron, Jordan e Bird senza essere fuori posto.
“Credo che la difesa vinca i campionati”, beh sì… se non fosse che durante gli ultimi Playoff i Mavericks sono stati la terza miglior difesa (110.7 di Defensive Rating) dopo Thunder e Celtics – tra le squadre che hanno superato almeno il primo turno.
Dopo 6 anni di paziente ricostruzione, Dallas era riuscita finalmente a tessere un quintetto funzionale attorno a lui… salvo poi distruggere tutto a pochi giorni dalla Trade Deadline (che avrebbe solamente dovuto rafforzare l’organico in vista dei Playoff).
La difesa vince i campionati, ma non se non hai un grande attacco. E per avere un grande attacco, tenere in squadra il secondo miglior giocatore offensivo della storia dei Playoff dopo Michael Jordan sarebbe stato quantomeno conveniente.
Sì, il secondo miglior attaccante della storia dei Playoff: nelle 50 partite giocate in carriera nella post-season ha una media di 30.9 punti, secondo solo a Jordan (33.4) – oltre a 8.0 assist (top 15 all-time) e 9.4 rimbalzi (1° all-time tra le guardie).
E per non parlare esclusivamente di numeri e statistiche varie, che in certe situazioni valgono il giusto, basta ricordare di quando lo sloveno ha costretto i Phoenix Suns a scrivere una lettera di scuse ai propri tifosi dopo aver segnato gli stessi punti (27) della squadra di casa nei primi due quarti di una Gara 7.
Per quanto riguarda le motivazioni che hanno spinto i Mavs a cedere Doncic, si parla principalmente di “preoccupazioni legate alla sua condizione fisica” (tradotto: ha messo su qualche kg nell’ultimo mese dopo l’infortunio al polpaccio) e al rinnovo da $345 milioni che avrebbe dovuto firmare in estate.
Come scrive qualcuno: “Anche giocando con una birra in mano sarebbe meglio del 99% dei playmaker in NBA”. Affermazione difficile da controbattere pensando a quanto fatto negli scorsi Playoff giocando su una gamba sola.
E nel caso del “supermax” (che aveva intenzione di firmare per rimanere a Dallas per tutta la carriera, come ha confermato lui stesso): a chi dovresti destinare un rinnovo al massimo salariale se non a un giocatore che nei primi 6 anni di carriera è stato selezionato 5 volte nel primo quintetto NBA?
“Siamo pronti per vincere ora e in futuro”, frase abbastanza ossimorica se cedi un 25enne per Anthony Davis, che ha quasi 32 anni e problemi fisici ricorrenti (ha giocato 65 partite solamente una volta nelle ultime 7 stagioni).
Per non parlare poi di Kyrie Irving, quasi 33enne e con un contratto in scadenza (opzione giocatore tra qualche mese), e Klay Thompson che tra un paio di giorni spegnerà 35 candeline e mostra ancora solamente qualche lampo del giocatore che è stato a San Francisco.
Raccattare 4 o 5 prime scelte al Draft in cambio di Luka Doncic sarebbe stata comunque una miseria, considerando che ognuno degli altri 28 GM della NBA avrebbe proposto ad Harrison un pacchetto contenente almeno uno dei propri figli (oltre a 2-3 conti bancari), ma riceverne solamente una è ingiustificabile.
Ah sì… la scelta del 2029 che hanno ricevuto è dei Lakers, squadra che ha appena preso Luka Doncic.

Una mossa inspiegabile, talmente incomprensibile che molti hanno addirittura iniziato a chiedersi se non sia stato Adam Silver (commissioner NBA) a ideare il tutto per evitare che i Lakers piombassero per 4-5 anni nell’inevitabile buio totale del post-LeBron (che entro 2 anni si ritirerà).
Ma così non è. Niente obblighi, niente minacce, niente “ordini dall’alto”. I Dallas Mavericks hanno davvero scambiato – di propria volontà – Luka Doncic nel suo prime per Anthony Davis e un pacchetto di patatine (scusaci Max).
In compenso, la proprietà dei Mavericks sarà felice di risparmiare qualche milione della luxury tax (multa comminata alle squadre che superano il limite salariale) mentre vedrà i Lakers giocarsi costantemente i Playoff per il prossimo decennio senza poter nemmeno tankare: non possiedono i diritti delle loro scelte al Draft dal 2026 al 2031.